Avevo appena deciso che il volo non era più cosa mia…

tuttavia la vita è sempre cosi imprevedibile e quella volta il cambiamento è arrivato sottoforma di un annuncio letto su di un giornale di volo…

Vendevano un pioneer300 usato ma tenuto molto bene.
India sei sette tre zero.
Mio padre mi ha lasciato in eredità una casa che proprio in quei giorni è stata venduta…e cosi, parte di quei soldi mi hanno portato su quell’aereo bianco e blu cosi simile ad un 260.

Tuttavia non ne sapevo niente di ultraleggeri, le piste erano sempre e solo in asfalto e trovare un hangar è l’ultimo dei problemi.

Mi sbagliavo su entrambi le cose.
Cosi la ricerca di un posto dove mettere l’aereo mi fa arrivare a nogara, in un campo sperduto nel niente.
Li trovo Michele, tutto indaffarato a sistemare il suo arereo. Poi arriva Tosco che mi racconta la vita di un campo come quello….e poi Gianni, istruttore e gestore di tutto…

Spiego loro che ho comprato un aereo, ma non ci capisco molto di ultraleggeri e che quel fazzoletto d’erba mi sembra davvero troppo corto sia per decollare soprattutto per atterrarci dentro.

Cosi dopo un pó di chiacchiere decidono di dare un occhio a indiaseisettetrezero e che, forse, ci potrebbe anche essere un posto hangar libero in futuro.

Credo che il destino sappia esattamente quello che fa, anche se apparentemente sembra tutto un gran macello.

Trovare quel campo, in qualche modo, è stata una delle fortune più grandi che mi potessero capitare. Indiaseisettetrezero è arrivato un sabato verso le 11.

È passato sulla verticale del campo ed è atterrato in metá di quel fazzoletto d’erba. La sera è stato parcheggiato nell’hangar con Michele e per i successivi due anni abbiamo volato insieme.

Per i successivi due anni sono stato un’aquila randagia anche io.

l primo volo lungo è stato al trasimeno. Nell’aria c’era lo stesso sapore di avventura di una traversata oceanica. Tra noi e il lago c’erano gli appennini e attraversarli era una cosa non da poco. 

Partiamo la mattina presto.

Gianni davanti, poi massimo, fox1, michele e io dietro.

Il volo è stato un volo normale, niente da raccontare, se non che quel percorso, quello scavalcare i monti insieme a loro , è stata un’esperienza davvero incredibilmente bella.

Abbiamo volato un sacco insieme, siamo andati in mille posti, siamo arrivati fino in puglia.
Una volta ho cercato Massimo a Castel del Monte perchè si era perso, e una volta con Michele abbiamo gironzolato in montagna per vedere la neve, una volta con Gianni abbiamo cercato mia moglie sulle colline veronesi per passare sulla sua testa.

Ho conosciuto Odino, che mi è rimasto nel cuore.

Eravamo ad una manifestazione aerea…una come tante.
Quel giorno il pilota dimostratore esagera più del solito, non si dovrebbe fare…ma tante cose non si dovrebbero fare e qualcuno alla fine le fa.

Per i piloti il conto da pagare peró è davvero alto.

Cosi ho visto quell’aereo disintegrarsi in volo e diventare una palla di fuoco a terra. Per il pilota niente da fare.

Era chiaro a tutti, ancor prima che arrivassero i soccorsi. L’intera manifestazione è caduta in un silenzio surreale. 

All’uscita di un looping il pilota ha lasciato correre troppo l’aereo, molto oltre la vne, per impressionare il pubblico…la struttura della coda, forse peruna cricca, è entrata in risonanza, ha iniziato a vibrare e il carbonio ha ceduto disintegrandosi in volo in mille coriandoli. 

Io ero seduto su di una panchina di legno, in silenzio. 

Oddino si gira verso di me e mi dice:”a te non succederà Marco, il tuo aereo è di legno…e il legno è un ottimo materiale”.

Quelle parole mi sono rimaste dentro come se fossero state dette da un papà o meglio da un nonno. 

E Oddino mi e sempre rimasto nel cuore. Avreste dovuto conoscerlo.

Nei due anni di aquile randagie sono successe molte delle cose che mi hanno cambiato per sempre la vita: ho diviso la mia vita con Anna, ho aperto BigRock e una su tutte: l’arrivo di mia figlia. 

E ogni volta tornare al campo era come tornare in un posto speciale, come tornare a casa.

 

Tra le persone incredibili e i piloti pazzeschi che ho avuto il privilegio di conoscere uno su tutti mi ha colpito per il suo modo di volare…è come se fosse lui l’aereo. Quando voli con lui sembra tutto cosi facile, cosi elegante.

E solo quando provi ad immaginare un looping capisci la differenza tra come lo fai tu e come lo fa lui.
Cosi, per due anni, da quando è arrivato indiaseisettetrezero, gli chiedo di insegnarmi a volare cosi.

Per due anni, ad ogni occasione, cerco di salire su di un aereo con lui. E un giorno, forse per sfinimento, Corrado Rusalen nel parcheggio delle alpiAviation mi dice:” stiamo cercando il 5 della pattuglia, magari, se ti impegni, un giorno….che ne dici?”

E cosi di li a poco sposto l’aereo a caposile, le 2.30 ore di macchina per arrivare al campo sono diventati pochi minuti, indiaseisettetrezero è finito nelle mani di un altro pilota ed è arrivato un 330 grigio che sa davvero di 260. 

E ogni pausa pranzo decollavo nell’ala di Borin. 

E ogni volta che atterravo mi beccavo un cazziatone.
Franc ha avuto l’ingrato compito di insegnarmi come si vola in pattuglia, e lo ha fatto al suo meglio..anzi, credo meglio di quanto lui stesso potesse immaginare. 

La prima volta che ho visto tutta la pattuglia al completo è stato a Cremona. Durante un loro allenamento.

C’erano Corrado, Franc, Claudio e Marco…e io ero li in mezzo a loro…fino a quel giorno avevo letto solo sulle riviste del settore del Pioneer team.

Avevo sognato guardando le loro foto in giro per il mondo un pò come tutti piloti. E quel giorno, per la prima volta, in frequenza, ho detto il mio numero. 

Da li in poi avrei ripetuto solo quel numero, per decine di ore di volo.
E fuori niente più panorami, niente più strumenti da seguire…solo guardare il riferimento sull’aereo davanti a me.

E tenerlo fisso, durante tutti quegli interminabili minuti di volo.
Era gennaio, e sarei dovuto essere pronto per ottobre, per volare nel 2012. 

Ma la telefonata di Corrado arriva una sera come un sasso da 200 tonnellate “marco è caduto ed è molto grave, l’altro non ce l’ha fatta”. 

Cosi divento il numero 3, Franc prende il posto di Marco e diventa 4.

Le mie ore di volo iniziano a crescere in maniera esponenziale.
E la distanza dall’aereo davanti sempre meno, anche i movimenti sulla manetta diventano a fatica piû morbidi e precisi. 

Anche la salute di Marco migliora a vista d’occhio. 

E anche mariasole cresce a vista d’occhio. 

La prima volta che ho volato in 4 da solo è stata indimenticabile.
Trovarsi in mezzo ad altri 3 aeroplani in ogni assetto è una sensazione da provare almeno una volta nella vita.
E poi il briefing prima di andare su…e il debriefing a terra…tutto infinitamente come ho sempre sognato che fosse. 

Quella mattina io e Franco siamo partiti presto da Caposile, gli altri ci avrebbero raggiunto in volo dalla comina e ci saremmo incontrati prima di entrare in jugoslavia. Viriamo a sx e dopo jesolo solo mare… Sulla nostra frequenza sentiamo “ciao…”, corrado e claudio arrivano dalla nostra ala sx, come se fossero un solo aereo. Claudio è sempre stato l’estensione dell’ala sinistra di corrado per quanto impeccabile nel suo manovrare. 

Io sono un pó un paperotto nell’ala destra di Franc. 

Sorvoliamo la Jugoslavia, la Croazia, arriviamo in Grecia e la passiamo tutta fino a Kavala, dall’altra parte del mondo credo. 

Atterriamo in un aeroporto civile insieme ad aerei “veri”…
La sera dopo, al tramonto, finisco la mia prima manifestazione.

Ricordo solo la folla al porto vista per una frazione di secondo, ricordo a terra le facce di tutti e tre gli altri piloti, ricordo il loro abbraccio, ricordo la faccia di Franc con gli occhi luccicanti, ricordo il sorriso di Corrado. 

Ricordo la Silvia e tutta quella bottiglia di spumante rovesciata addosso sulla tuta.

Ricordo la prima volta che ho chiuso l’hangar numero 3 alle aquile randagie e quel primo atterraggio da solista al campo. 

Ogni tanto, durante qualche trasferimento ho la fortuna di passare cosi vicino a Nogara da deviare leggermente, abbastanza per potersi abbassare in due, in formazione stretta, con i fumogeni accesi e sentire la voce del Gianni in radio : “ciao marco”…e quei 400 metri di pista diventano immediatamente casa.

Diventano Gianni, Oddino, Michele, Massimo, Tosco, Fox1 e 2, diventano gli appennini e il Trasimeno, diventano il primo rullaggio di Mariasole a pochi mesi, diventano Anna con il naso all’insú. 

Siamo il pioneer team, e io sono il numero 3.